Revoca dell’atto di vendita per una società in liquidazione. Sentenza n. 1863/2020 del 24.08.2020 del Tribunale di Firenze
I fatti di causa traggono origine da una s.r.l. in liquidazione, il cui unico immobile in patrimonio – un terreno agricolo – è stato ceduto con regolare compravendita.
Un creditore sociale, titolare di alcune cambiali rilasciate dalla s.r.l. e già ampiamente scadute, ha citato in giudizio la s.r.l. stessa e l’acquirente del terreno chiedendo la revocatoria dell’atto di vendita ai sensi dell’art. 2901 c.c..
Condizioni e presupposti per la revocatoria della compravendita
Secondo la prospettazione del creditore l’esistenza dell’eventus damni derivava dalla dismissione dell’unico immobile di proprietà della s.r.l. – con ciò compromettendo la garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c. – mentre la scientia damni in capo al terzo acquirente consisteva nella consapevolezza di acquistare il bene da una società in scioglimento e liquidazione.
La sentenza di rigetto dell’azione revocatoria
Il terzo acquirente del terreno agricolo, assistito dal nostro studio, ha avuto ragione dal Tribunale che ha rigettato la domanda dell’attore, concludendo per la totale insussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria.
La vendita del terreno agricolo, pur a titolo oneroso, era successiva al sorgere del credito vantato dall’attore, ma quest’ultimo avrebbe dovuto provare l’esistenza della consapevolezza, in capo all’acquirente, del pregiudizio patrimoniale procurato alla società debitrice, con conseguente pericolo di soddisfacimento dei creditori sociali.
Detta prova può essere fornita anche per presunzioni, ma deve pur sempre trattarsi di indizi gravi, precisi e concordanti a dimostrare l’esistenza di tale consapevolezza nel terzo acquirente.
Tra gli indizi possono rappresentarsi la sperequazione tra il prezzo corrisposto ed il valore di mercato del bene compravenduto nonché i rapporti personali tra le parti.
In presenza, come nel caso in esame, di una perizia giurata di stima contestuale alla compravendita e in assenza di concrete prove sull’esistenza di rapporti personali di amicizia, parentela etc. tra i contraenti, mere speculazioni di prezzi non congrui e la dimostrazione di una generica conoscenza tra i contraenti non sono indizi sufficientemente gravi, precisi e concordanti.
Il principio espresso dal Tribunale di Firenze, infatti, è che la participatio fraudis non può essere provata dalla mera conoscenza dello stato di liquidazione volontaria della società, finalizzata, per definizione, a soddisfare i creditori sociali previa dismissione delle attività sociali. Pertanto, tra le attività liquidatorie rientrava sicuramente la legittima vendita del terreno; “se così non fosse, alla società in liquidazione sarebbe impedito di realizzare proprio lo scopo della liquidazione, in quanto gli eventuali acquirenti verrebbero ad essere scoraggiati all’acquisto, avendo nella quasi totalità dei casi la società in liquidazione dei debiti da soddisfare”.
26-03-2021